fbpx

Come usare gli archetipi in un romanzo (e non trasformarli in stereotipi)

Tra gli strumenti che possono rivelarsi utili nella cassetta degli attrezzi di uno scrittore, ci sono di sicuro gli archetipi. Conoscerli può aiutarti a progettare meglio i tuoi personaggi, ma con alcuni accorgimenti. Se, da una parte, è vero che l’originalità assoluta è impossibile, non vorresti mai che i tuoi archetipi si trasformassero in stereotipi, vero?

Un po’ di storia

Archetipo significa letteralmente “immagine primordiale”; fu Jung, il fondatore della psicologia analitica, a definire gli archetipi come idee appartenenti all’inconscio collettivo e quindi innate in ogni essere umano. Altri studiosi in seguito approfondirono gli studi junghiani fino a identificare 12 archetipi, ossia modelli universali. Attraverso il lavoro di autori del calibro di Vogler e Campbell, lo studio degli archetipi si è esteso dalla psicologia alla narratologia. Gli archetipi narrativi isolati da questi autori differiscono da quelli junghiani e sono solo 7: l’Eroe, il Mutaforma, il Guardiano della soglia, l’Imbroglione, il Messaggero, il Mentore e l’Ombra.

Ruoli, non personaggi

Spesso gli autori alle prime armi sbagliano a interpretare la funzione degli archetipi. In altre parole, ritengono che gli archetipi servano a caratterizzare i personaggi. Non è affatto così, innanzitutto perché nel corso della narrazione un personaggio può interpretare più archetipi, e non tutti gli archetipi sono presenti in tutte le storie. Inoltre gli archetipi non ci dicono nulla della personalità o della backstory di un personaggio, ma si limitano a definire il suo ruolo in un dato momento della storia. Voler imprigionare a forza un personaggio all’interno della gabbia dell’archetipo è un doppio rischio, perché potrebbe trasformare il tuo archetipo (e il tuo personaggio) in uno stereotipo, oppure spingerti a rifiutare la costrizione e di conseguenza farti perdere il vantaggio che uno studio lucido e accurato può dare ai tuoi personaggi e alla tua storia.

Lo scopo degli archetipi, dunque, è aiutarti a definire il tipo di relazione che il personaggio intrattiene con il protagonista in funzione della trama.

Alcuni esempi

Il tuo protagonista può ricevere insegnamenti preziosi anche da un personaggio sbandato, magari pieno di vizi e problemi. Quale che sia la caratterizzazione scelta, il personaggio in questione sarà il suo mentore. Definire questo ruolo in fase di progettazione può aiutarti a pianificare meglio scene e tempistiche, ti permette di individuare subito eventuali parti superflue o mancanti.

Decidere invece che il tuo protagonista debba avere per mentore un anziano saggio con la barba grigia ha un’altissima probabilità di rivelarsi una pessima idea, perché in questo caso l’archetipo si è impossessato del personaggio fino a trasformarlo in uno stereotipo.

Allo stesso modo, l’Ombra non deve essere per forza un oscuro signore che si veste sempre di nero e ride pensando alla rovina del mondo: si tratta, invece, del riflesso oscuro del tuo eroe, e la loro caratterizzazione dà il meglio se studiata in tandem.

Il tuo eroe raggiunge i suoi obiettivi troppo facilmente? Forse devi cercare nella trama i tuoi Guardiani della soglia e assicurarti che siano all’altezza delle sfide e della posta in gioco.

Insomma, la mia opinione è che lo studio degli archetipi possa facilitare la progettazione (o la revisione) di un romanzo, purché non venga confuso con la caratterizzazione dei personaggi, che è un lavoro molto diverso e di ben maggiore impegno.

Questo articolo ti è stato utile? Fammi conoscere la tua opinione nei commenti!

Rispondi