Ci sono libri che da fuori sembrano tutto quello che amiamo, ma, una volta aperti, si rivelano… altro. È quello che mi è successo con “L’ombra del tempo passato“, un epic fantasy scritto da James Islington e pubblicato in Italia da Fanucci editore. Ecco la trama:
Sono passati vent’anni dalla fine della guerra. Gli Auguri – una volta considerati alla stregua degli dèi – sono stati rovesciati e spazzati via durante il conflitto e i loro poteri, tanto temuti, sono falliti misteriosamente. Coloro che li avevano serviti, uomini e donne con un’abilità conosciuta come il Talento, hanno evitato il loro stesso destino solo perché si sono sottoposti al potere dei Quattro Canoni. Oggi, chiunque usi il Talento è destinato all’obbedienza assoluta. Da giovane studente dei Talenti, Davian subisce le conseguenze di una guerra combattuta – e persa – prima ancora di nascere. Oltre le mura della scuola, lui e i suoi amici sono disprezzati per il potere magico che esercitano: un potere che Davian, nonostante i suoi migliori sforzi, sembra non riuscire a controllare. Peggio ancora, con la prova finale che si avvicina e le gravi conseguenze di un eventuale fallimento, il tempo per superare le sue ultime difficoltà si sta rapidamente esaurendo. Ma quando Davian scopre di avere la capacità di esercitare il potere proibito degli Auguri, mette in moto una catena di eventi che cambieranno la sua vita e sconvolgeranno il mondo intero. A nord, un antico nemico a lungo creduto sconfitto comincia a destarsi mentre a ovest un giovane, il cui destino è intrecciato con quello di Davian, si sveglia nella foresta, coperto di sangue e senza alcun ricordo di chi sia…
Questo libro è stato paragonato all’opera di maestri che adoro come Sanderson e Jordan. Visto che uno dei miei libri preferiti è Mistborn, ero convintissima che anche questo sarebbe finito, se non altro, almeno tra le letture migliori dell’anno.
Purtroppo non è stato così. La lettura è stata faticosa sotto molti aspetti; l’ho continuata solo nella speranza di riuscire a rivalutarla, prima o poi, ma così non è stato. Non ho ritrovato nulla di ciò che amo nelle opere di Sanderson, forse solo un’imitazione dei punti meno interessanti di quelle stesse opere. Dal mio punto di vista, gli aspetti più critici si sono rivelati i personaggi, il sistema magico e lo stile.
I personaggi, in particolare, sono stati uno problema piuttosto grave. Sebbene fossero tanti, non ce n’è stato nemmeno uno cui io mi sia affezionata o di cui m’importasse qualcosa. Le personalità sono piatte, molte volte riuscivo a indovinare le battute prima che le pronunciassero, non ci sono guizzi degni di nota.
L’approfondimento psicologico è sacrificato in nome del sistema magico, che invece riserva una sorpresa a ogni pagina. Peccato che diventi eccessivo molto presto. Si tratta di una specie di onnipotenza elettiva in base alla quale alcune persone sono in grado di leggere la mente, viaggiare nel tempo, mutare forma, risucchiare la vita dalle altre creature, tenersi in vita dopo la morte… tutto insieme. Dalla seconda metà in poi il protagonista scopre di poter fare una cosa diversa a ogni pagina. In un sistema magico interessante e funzionale, grandi poteri significano enormi limiti. In questo caso i limiti sono decisamente insignificanti rispetto a quello che i poteri consentono (ossia in pratica qualsiasi cosa). Le persone dotate di questa magica onnipotenza si chiamano Auguri, ma il riferimento alla latinità è tutto qui, con il risultato di suonare un po’ a sproposito. Avrebbero potuto chiamarsi anche Matite o Bicchieri.
Ultimo elemento davvero dolente, per me, è stato lo stile, insipido al limite della sciatteria. I protagonisti non fanno altro che accigliarsi, tutti quanti, tutto il tempo. L’espressione “si accigliò” compare in continuazione e diventa presto urticante. Non ho trovato sforzi comunicativi o espressivi notevoli.
Gli altri elementi seguono a ruota: la trama, per esempio, comincia nel più visto e rivisto dei modi (avevo l’impressione di leggere una fanfiction di Dragon Age), ma sono convinta che non sarebbe stato un problema se fossi riuscita a empatizzare con i personaggi o se il tessuto stilistico fosse stato di pregio. Un discorso simile vale per il worldbuilding: il libro è ambientato a fantasylandia, un generico mondo pseudomedievale uguale a tutti gli altri. Non un punto a favore, ma sarei riuscita a passarci sopra se fosse stato inserito in un’alchimia funzionante.
Invece purtroppo si è trattato di una grossa delusione, una lettura che non mi ha dato molto e ho faticato a portare a termine.
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